STORIA E PROCESSO DI PRODUZIONE DEI DISCHI
Breve storia dei CD
All’inizio degli anni ’80 la grande diffusione dei CD Audio e la grande capacità di immagazzinamento del supporto ottico (ogni minuto di audio occupa circa 10 Mbyte) faceva pensare ad un loro utilizzo per memorizzare dati digitali per computer. Le specifiche del CD Audio, descritte nel Red Book (1982, Philips e Sony) furono adattate per la memorizzazione dei dati digitali e vennero descritte nel Yellow Book.
Nel 1987, all’interno del Green Book, Philips e Sony definirono le specifiche del CD-I (Compact Disc Interactive) che consentiva di memorizzare programmi interattivi dotati di contenuto multimediale (audio, video, animazioni,…).
Nel 1993, Philips, Sony e JVC definirono lo standard del Video CD (White Book) che poteva contenere fino a 70 minuti di video codificato in MPEG. Nel 1994 lo standard Video CD venne esteso per consentire una maggiore interazione con l’utente. I Video CD richiedevano l’utilizzo delle nuove unità multisessione in grado di riconoscere il formato CD-ROM/XA.
Nel frattempo Kodak e Philips svilupparono un formato proprietario in grado di immagazzinare fino a 100 fotografie (o immagini di qualità fotografica) con vari livelli di definizione. Nacque il Photo CD.
Nel 1996 venne introdotto il CD-Extra (chiamato anche CD Plus). Questo formato, destinato al mercato multimediale, è pienamente compatibile con il formato CD Audio ma può contenere anche una traccia dati. Se inserito nel lettore di uno stereo, il CD viene visto come un normale CD Audio ed è possibile ascoltare le tracce musicali. Se inserito in un lettore CD ROM, oltre a poter ascoltare le tracce audio, è possibile leggere, ed eventualmente eseguire, il contenuto della traccia dati. Le specifiche sono state definite da Sony e Philips all’interno del Blue Book.
Dal 1995 molti CD multimediali sono stati sviluppati in modo da poter essere letti su piattaforme diverse. La maggior parte di essi è destinata ai sistemi Windows e Mac. Questi CD vengono chiamati CD Ibridi in quanto supportano contemporaneamente lo standard ISO9660, riconosciuto dai sistemi DOS, Windows e Unix, e l’HFS (Hyerarchical File System) riconosciuto dai sistemi Apple Macintosh.
Il Photo CD della Kodak fu il primo CD basato sulla tecnologia dei CD-R (Compact Disc Registrable). Sono dischi che possono essere scritti una volta (WORM – Write Once Read Many) e, oggi, possono essere letti dalla totalità dei CD presenti sul mercato. Per scriverli è necessario un masterizzatore, periferica sempre più diffusa ed economica. Il loro formato è stato definito nel 1990 all’interno dell’Orange Book.
Nel 1995 Philips e Sony definirono le specifiche del CD-E (CD Erasable) chiamato pure CD-RW (CD Rewriteble). Tali dispositivi permettono di cancellare i dati in un disco e la loro sostituzione con nuove informazioni. La tecnologia costruttiva dei CD-E consente circa 1000 cicli di cancellazione/scrittura. La maggior parte dei masterizzatori oggi in commercio è in grado di scrivere CD-E. Purtroppo, a causa della tecnologia adottata nei CD-E, una buona parte dei lettori CD presenti in commercio non è in grado di leggere questi dischi. Per renderli compatibili, i costruttori dovranno eseguire delle modifiche all’hardware e al firmware dei lettori in modo da abbassare i valori di soglia dei rilevatori ottici. Il formato CD-RW è stato descritto nella parte III dell’Orange Book.
Nel 1995 è stato definito un nuovo formato ad alta densità in grado di memorizzare da 4.7 a 17 Gbyte di informazioni su un singolo disco. Tale formato viene oggi chiamato DVD (Digital Versatile Disk).
La produzione industriale del CD
Il Compact Disc ha un diametro di 120 mm (80 mm per il formato ridotto dei mini CD) e uno spessore di 1.2 mm. Il foro centrale ha un diametro di 15 mm.
Il disco è realizzato in policarbonato. I dati vengono incisi su un sottile strato di alluminio riflettente che consente al laser del lettore di reperire le informazioni in esso contenute. Per evitare danni al disco, sulla superficie metallica, viene applicata una vernice protettiva. I dati sono memorizzati in blocchi costituiti da pit (fori) e land (gli spazi fra i fori).
Le fasi necessarie allo stampaggio di un CD ROM sono le seguenti:
- Viene creata la struttura logica del compact disc. I file e i dati da memorizzare devono essere formattati secondo gli standard industriali (ISO 9660, Joilet, HFS, …). Si crea quindi un file immagine nel quale, oltre ai dati, vengono aggiunte le informazioni per la sincronizzazione delle informazioni, i codici per la correzione degli errori e l’header del CD. Il funzionamento del Compact Disc viene simulato per mezzo di emulatori software che sono in grado di evidenziare problemi di performance nell’accesso ai dati e di correttezza degli stessi. Oggi, tramite un masterizzatore, è possibile creare un CD-R che può essere testato sui lettori commerciali.
- Viene creato l’imaging del disco trasferendo, per mezzo dell’LBR (Laser Burn Recorder), sulla superficie fotosensibile di un disco di vetro le informazioni contenute nel file immagine. Tale disco viene chiamato glass master.
- Immediatamente dopo essere stato esposto al laser, il glass master viene sviluppato (il procedimento è simile a quello delle pellicole fotografiche) in modo da incidere il blocco dei pit. Dopo lo sviluppo, sulla superficie fotosensibile, viene applicato uno strato protettivo di argento.
- Il glass master viene sottoposto ad un bagno galvanico dove viene rivestito da alcuni strati di nichel. Una volta separato dal glass master il rivestimento in nichel costituisce il disco padre del quale è la coppia speculare: al posto dei pit ci sono dei microscopici rilievi sulla superficie. Dal disco padre si ottiene (per copia speculare) il disco madre dal quale si ottengono con lo stesso procedimento i dischi figli.
- Si procede alla stampa dei CD commerciali. I dischi figli (può anche essere utilizzato il disco padre) vengono utilizzati come stampatori e vengono montati sulla pressa di stampaggio. Tramite la pressa si incidono i dischi di policarbonato che a loro volta vengono rivestiti dallo strato di alluminio in modo da ricreare i blocchi di pit e land. Sulla superficie metallica viene applicata una vernice protettiva sulla quale viene applicata (o stampata) l’etichetta.
- Il compact disc viene confezionato.
La codifica dei dati su un compact disc
Il compact disc viene letto tramite un piccolo laser all’arseniuro di gallio. Il lettore CD focalizza, tramite un complesso di lenti, il laser sulla spirale contenente il blocco dei pit. Se il laser colpisce un pit, viene diffratto, se colpisce un land viene riflesso e la sua intensità può essere misurata da un fotorilevatore.
I pit hanno una larghezza di circa 0.6 micron e una profondità di 0.12 micron. La lunghezza dei pit e dei land varia da 0.833 a 3.56 micron. Ne consegue che la densità di registrazione sul CD è di circa 16000 tpi (tracce per pollice). Se fosse possibile srotolare la spirale dei pit di un disco da 120 mm, si otterrebbe una traccia di 6.4 km di lunghezza.
Si potrebbe pensare che i pit rappresentino il valore 1 e i land il valore 0 (o viceversa). Purtroppo non è così: sia i pit che i land rappresentano degli 0 logici. Il valore 1 è rappresentato dal passaggio da un pit a un land o da un land a un pit. L’insieme di land e pit che rappresentano i bit viene chiamato channel bit. La lunghezza dei pit e dei land indica il numero degli zeri. Utilizzando pit e land per rappresentare una stringa di bit, non è possibile rappresentare dei valori 1 consecutivi in quanto, pur utilizzando la lunghezza minore consentita dagli standard per rappresentare pit e land, si avrebbero sempre due 0 fra due 1. Per questo motivo un byte di dati non può essere rappresentato da 8 channel bit. La codifica di un byte consente di rappresentare 256 valori distinti. Per ottenere i 256 blocchi di bit distinti necessari per rappresentare un byte servono almeno 14 channel bit. E’ quindi necessario creare una tabella di look-up per convertire i 14 channel bit negli 8 bit necessari per codificare un byte e viceversa. Il procedimento di trasformazione viene chiamato modulazione 8:14 o EFM (Eight to Fourteen Modulation).
Esiste ancora un problema da risolvere: il caso in cui un byte termina con un 1. Nel caso in cui il byte successivo inizi con 1, il rilevatore ottico potrebbe non distinguere correttamente i due valori. E’ necessario inserire dei simboli di separazione fra due byte. A tal scopo si utilizzano 3 bit di unione. In totale, per rappresentare un byte, sono necessari 14+3=17 channel bit.
L’unità fondamentale di memorizzazione su un CD è il frame ed è composto da 24 byte utente. L’insieme di 98 frame forma un settore.
Oltre ai dati utente, un frame contiene i codici per il rilevamento e la correzione degli errori, un blocco di sincronizzazione per l’allineamento delle informazioni e un byte per i cosiddetti subchannel. Un frame è quindi composto da:
- un blocco di sincronizzazione: 24+3 channel bit
- un codice subchannel: 14+3 channel bit
- dati utente: 24x(14+3) channel bit
- codici per il rilevamento e la correzione degli errori: 8x(14+3) channel bit
In totale sono necessari 588 channel bit.
Durante il processo di lettura uno speciale dispositivo hardware, presente nel lettore CD, provvede a decodificare le informazioni memorizzate nel frame.
Il settore costituisce il segmento logico di base di un CD. I settori ricorrono per circa 75 volte in un secondo. Le informazioni su un disco vengono indirizzate in minuti, secondi e settori (mm:ss:ss).
Convenzione ortografica
Il termine inglese disc viene impiegato in riferimento ai dischi magneto-ottici mentre il termine disk viene utilizzato per i supporti di memorizzazione magnetici.
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